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La magia dietro l’angolo

Ho scoperto di saper essere ermetico. Di voler alternare all’analitica spiegazione, qualcosa che non si lascia intendere, che tenda al concetto, senza saperlo cogliere in pieno ma vivendolo e trasmettendolo con profondo piacere. Posso trarre questa poesia da ogni evento o istante immortalato in un’immagine statica, così come da una melodia musicale.

Mi si rivela come il quarto stato, oltre al quale non era arrivato Comte che, nella sua teoria dei tre stati, definiva il primo come fittizio, tipico dell’età barbara dove si credeva alle superstizioni. Il secondo come teorico, composto da astrattezze. Il terzo come positivo, elogiando il trionfo della scienza, in una società industriale fatta di progresso tecnologico. Intravedo il quarto nel far ritrovare spazio a fantasia ed emozioni al di fuori della scienza e del materialismo, senza sfociare nella religione.

Mi allineo infatti a Feuerbach, secondo cui è l’uomo a produrre Dio. Ribaltando la visione che vede l’ideale e astratto dar luce al reale e concreto. Dio è una semplice proiezione delle qualità, dei desideri e delle paure dell’uomo. Non sorprende venga dipinto come amorevole, buono, onnipotente e promettente di resurrezione e paradiso. L’ateismo si pone a dovere morale, per non alienarsi nella venerazione di un Dio che estranea da quanto si dovrebbe riversare sugli altri uomini, anziché proiettarle in un’invenzione. La descrizione di un mondo dove tutto è reale e tangibile, svolta da Feuerbach, tutto sommato non mi convince. Quanto ci sia di invisibile però non è questo Dio, quanto la magia che posso far emergere da dietro gli angoli nei quali si può nascondere. Ci sono delle sfumature che si possono trarre andando otre all’esperienza materiale, rendendo tutto più colorito e incredibilmente bello.

Vivo secondo questa concezione quasi metafisica, la considero universalmente conoscibile a tutti ma non ho la pretesa di considerarla tale. Evito di affermare rientri nel vero definibile a priori dell’esperienza, se sia innato in ogni essere umano secondo le stesse strutture che conducono l’uomo a percepire allo stesso modo vari aspetti che si tramutano in certezze, come ci indica Kant nella sua critica alla ragion pura. Ignaro del poter uscire o meno dal mondo empirico e aprioristico che esiste, senza promettere alcuna soluzione ai misteri più grandi, mi pongo leggermente al di fuori di rigidi schemi perché nel soprasensibile si sostanziano le mie più sentite soddisfazioni.

Sognare restando nell’indefinito, riesce a farmi sentire leggiadro, senza peso, travolto da armoniosa agilità. Nell’onirico mi elevo riuscendo a scovare dettagli fatati. Divento un furbo ricercatore e mi rendo pienamente conto, nel suo opposto, da dove si generi tutto ciò che siamo portati a considerare straordinario.

Si placa una visione alla Fichte, fatta di contrasto e inseguimento infinito, di scontro e tensione che pone, nega e ricompone continuamente. Il compiersi e ricompiersi, creare e disfare, si rivela affannoso, pericoloso, arrogante, fintamente esaltante, lasciando finalmente spazio a una dimensione più umana e armoniosa.

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